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      domesticazione e la zootecnia La  domesticazione avvenuta con la rivoluzione neolitica, ma forse iniziata
      decine di migliaia di anni prima, almeno per il cane secondo recenti studi sul
      DNA mitocondriale, ha creato una distinzione anche dal punto di vista etico
      tra l'atteggiamento per gli animali domestici di cui si occupa la zootecnia e
      gli animali selvatici e la natura in generale.La evoluzione, o  meglio la coevoluzione con la specie umana, che ha comportato
      la domesticazione ha reso più stretti, se non interdipendenti, i rapporti con
      le specie domesticate al contrario di quanto accade con le specie selvatiche le
      cui prospettive di vita, in media, trarrebbero un giovamento da minori interazioni con
      l'uomo e con le sue numerose attività.
 La zootecnia è l'insieme delle relazioni produttive o no che si esplicano con
      gli innumerevoli animali domestici.
 Questi, solo in Italia, per avere un ordine di grandezza, sono decine di milioni
      tra i mammiferi da reddito e centinaia di milioni tra i vertebrati in generale;
      la componente tradizionalmente considerata da affezione, cioè cani e gatti,
      conta oltre i 10 milioni di rappresentanti.  La domesticazione è il lungo e laborioso, spesso inconsapevole, talvolta
      contraddittorio, lavoro che ha portato all'utilizzazione degli animali a fini
      zootecnici. Questo lavoro è consistito, tra l'altro, dapprima nel perpetuare
      modificazioni genetiche casuali, ritenute utili per i più vari motivi, e poi
      nel produrle con le più svariate tecniche. Da questa attività, attraverso i secoli, sono nate razze capaci di adattarsi a
      situazioni ambientali sfavorevoli con benefici sia per l'uomo che le allevava
      sia per il benessere degli stessi animali, ma anche autentiche mostruosità,
      magari molto "apprezzate" dal punto di vista estetico, come i cani con il
      naso schiacciato, simpatici forse per alcuni estimatori umani, ma con una costante e penosa difficoltà respiratoria. 
      L'elencazione di questi interventi che in passato ha richiesto l'opera di più generazioni di zootecnici e che ora potrebbe realizzarsi in pochi anni con
      l'ingegneria genetica può essere molto lunga vista la varietà determinata
      sia a fini estetici che produttivistici.
 Il giudizio morale sui risultati conseguiti negli anni , seppure variabile nel
      tempo e nello spazio, non è certamente univoco. Razze canine con la già citata difficoltà respiratoria o con un altissimo rischio di patologie
      scheletriche sono sempre più diffuse proprio in rapporto alla maggiore passione
      cinofila. Passione che porta a non scegliere più il meticcio senza valore ma con, probabilmente, una maggiore vicinanza ai caratteri
      genetici originari della specie. Caratteri, quelli dell'ipotetico cane primordiale, che avrebbero portato ad una minore incidenza di patologie, se non
      altro perché queste in una situazione di selezione naturale, evidentemente, non
      sarebbero state positive. Dal punto di vista delle produzioni, invece, caratteristiche perseguite  sono
      state, per esempio, quelle di bovine incapaci quasi costantemente di partorire
      senza taglio cesareo a causa della dimensione innaturale delle masse muscolari
      del vitello oppure eccezionali cortezze delle zampe per facilitare il rispetto delle recinzioni e per avere in ogni caso un minor scarto di
      macellazione; interventi di natura genetica comunque spesso inferiori per disagio a quelli effettuati su specie da affezione.
 Questi non sono altro che pochissimi esempi tra i tanti che non fanno assolutamente gridare allo scandalo tra molti di coloro che parlano comunemente
      di benessere animale , tanta è l'abitudine a questa situazione frutto di millenni di storia umana.
 Le figure connesse alla zootecnia sono più o meno riscontrabili in tutta la
      intera umanità visto che è molto difficile individuare gruppi umani non coinvolti con
      l'uso o il consumo  magari inconsapevole , di prodotti di origine animale.
 Gli stessi vegetariani più stretti hanno difficoltà a trovare in vendita
      oggetti con cui gli animali ed i derivati di origine animale non abbiano avuto
      anche solo casualmente un  contatto nella elaborazione.
 Per capire le dimensioni del fenomeno bisogna dire che il fatturato della zootecnia italiana più classicamente intesa , cioè quella a fini alimentari ,
      si aggira nell'ordine di grandezza delle decine di migliaia di milioni di euro
      per triplicarsi considerando poi la trasformazione industriale. Alcune figure sono, comunque, più strettamente connesse a questo genere di
      problematiche: allevatori, commercianti, tecnici di vario genere e preparazione, associazioni di consumatori, trasformatori industriali,
      proprietari di animali da compagnia e professionisti del settore, tra cui i
      veterinari, hanno un costante contatto ed interesse.
 Il veterinario in particolare è una figura chiave in questo panorama per il suo
      dover operare in scienza e coscienza . Oltre che essere il principale tecnico delle produzioni e della salute animale
      questo professionista ha da seguire un codice deontologico che gli impone tra
      l'altro il rispetto del benessere animale. Il fatto secondo il quale buona parte della opinione pubblica almeno della
      società del nord del mondo non veda più gli animali meramente come delle
      cose, ma come una sorta di persone, comunque con uno status morale
      largamente indefinito ma non tale da essere riportato ad oggetti, ha creato una serie di
      problemi tra tutti coloro che operano con gli animali.
 Larga parte di queste tematiche sono di carattere etico, ma le ripercussioni
      delle consapevolezze di questo genere sul piano economico e della ricerca delle
      innovazioni tecniche sono evidenti e comunque da non sottovalutare da parte di
      chi opera economicamente nel settore facendo investimenti anche a lungo termine.
 Il valore di mercato di una ?merce? animale e le scelte zootecniche per produrre tale merce saranno sempre più  dipendenti dalle accoglienze sul piano
      etico del prodotto finale da parte del consumatore.
 Se non fosse sufficiente la sola motivazione etica, la commistione di questa con
      le scelte economiche a lunga scadenza rende pressante la necessità di un chiarimento per la professione veterinaria che, a sua volta, deve fornire delle
      prestazioni professionali indispensabili  ad interi settori zootecnici. 
      Non si deve pensare che il campo degli animali da compagnia sia meno coinvolto
      in questo travaglio.  Anche se al di fuori della luce dei riflettori
      l'allevamento, il trasporto, la vendita dei cuccioli di cane e gatto, per non parlare delle specie esotiche,
      sono forse sottoposti a brutalità che nel settore degli animali da reddito non
      si verificano, se non altro per i controlli effettuati dalla vigilanza pubblica
      su questi ultimi e molto più raramente sui primi.
 La stessa convivenza casalinga tra uomo ed animale è talvolta connotata come un
      continuo maltrattamento, a causa delle scarse conoscenze di fisiologia ed etologia dei non professionali padroni di animali da affezione, magari convinti
      della funzione salvifica del paternalista " amore degli animali"
      privo di conoscenze specifiche e rispetto dei diritti. Fa fede di ciò il costante
      aumento di patologie comportamentali ,dovute agli stress,  sempre più sbrigativamente curate con psicofarmaci.
      Il fatto nuovo delle 5 libertà di cui un animale dovrebbe godere (da fame e
      sete -da disagi -da malattie da paure da costrizioni del comportamento), definite dagli etologi negli anni
      '60 (con successive elaborazioni), costituisce un indispensabile strumento per
      l'elaborazione della moderna legislazione anche se, poi, la  definizione puntuale dei limiti etici delle
      attività zootecniche deve essere demandata ad entità in grado di individuare
      equilibri realisticamente praticabili a tempi brevi. Comitati di bioetica che possano contribuire ad indicare una condivisione
      transitoria di alcune decisioni nei termini temporali e locali saranno indispensabili, sia per questa esigenza che per quella a lungo termine di
      mantenere un contatto costante con il sentire collettivo.
 Non si può pensare che una professione da sola al suo interno e senza una forte
      partecipazione della società civile possa decidere come impostare per il futuro
      un rapporto interspecifico che si protrae da migliaia di anni in tutti i continenti ed in tutte le culture.
 Questi comitati perciò dovranno essere sufficientemente rappresentativi e
      dotati di una modalità operativa efficace e coerente con le realtà sociali ed
      economiche del territorio.
 Il primo a giovarsi di questa produzione sarà il veterinario supportato così
      nelle scelte di coscienza , ma lo stesso mondo scientifico potrà avere indicazioni per la ricerca nel campo del benessere.
      Un lavoro preparatorio di questo genere può essere il più valido supporto per
      la revisione del codice deontologico onde immettervi più chiaramente ed in
      modo più organico la rilevazione ed il perseguimento del benessere animale.
 Una volta che la veterinaria venisse fortificata da una più "moderna"
      deontologia, il veterinario, necessario punto di snodo tra l'umanità e l'animalità nelle realtà quotidiane, potrebbe creare anche nelle più
      minute circostanze un elemento di educativa problematizzazione.
 La figura del veterinario dovrebbe costituire sempre più  uno stabile interlocutore con il cliente a cui trasmettere reale rispetto per il benessere
      animale, combattendo le banalizzazioni antropomorfiche che spesso ne fanno i
      proprietari di piccoli animali o la brutale trasformazione in cose che ne fanno gli allevatori più
      "evoluti" dal punto di vista delle dimensioni aziendali e di certa specializzazione tecnologica.
      Un modo per ottenere questo coinvolgimento può essere quello di far entrare
      sempre più nella pratica professionale quotidiana il cosiddetto consenso
      informato come strumento culturale per costringere alla riflessione il proprietario sulle scelte diagnostiche e terapeutiche sia nei confronti degli
      animali da affezione che da reddito. Scelte, queste, frutto delle considerazioni morali proprie di ognuno troppo spesso abbandonate alla
      superficialità, frequentemente riscontrata nelle dichiarazioni di massima.
 Su di un altro fronte il veterinario deve poter rivolgersi alla opinione pubblica per fornire delle attente valutazioni su ciò che riguarda le
      problematiche che comprendono l'allevamento, la produzione industriale, la
      commercializzazione, la cura e la salvaguardia della salute pubblica. Non è raro assistere a spettacoli in cui famosi personaggi televisivi
      forniscono a milioni di spettatori indicazioni su come allevare nutrire e curare piccoli animali di casa
      dall'alto della loro grande esperienza, dimenticando che malgrado la diversa rilevanza morale queste attività non sono
      fondamentalmente diverse da un punto di vista tecnico  da quelle esercitate
      sull?uomo e per cui in genere ci si rivolge ad esperti più qualificati.
 Ma sicuramente il caso più eclatante di assenza di una corretta informazione al
      pubblico si è avuto con il fenomeno BSE .
 La doccia scozzese di informazioni talvolta minimizzanti e talvolta drammatizzanti ma quasi mai corrette scientificamente, comprendendo in questa
      correttezza anche la non certezza delle acquisizioni scientifiche in generale,
      ha fatto si che la filiera carne bovina subisse un vero e proprio tracollo con
      tutto quello che ciò comporta di malessere per animali ed umani  coinvolti.
 In questo caso una figura esperta del settore avrebbe potuto dare informazioni
      reali e non paternalistiche nell'interpretare il fenomeno, nel valutarne i
      rischi, nel paragonare la probabilità di questi a quelli corsi nel praticare
      altre abitudini alimentari  o di vita in generale.  Anche a questo riguardo si deve dire che
      l'autentico rispetto degli animali,
      delle persone interessate ai loro diritti e  di tutte le persone che operano
      nei più vari settori della zootecnia non può che passare per la acquisizione
      e la divulgazione di conoscenze specifiche che superino le banalizzazioni e per
      una seria riflessione morale che coinvolga l'intera Umanità.
   
   
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