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Sindrome di Wobbler

sindrome di wobbler

( "Sindrome di Wobbler" - immagine: http://baiaazzurra.homestead.com/ )

 

Sindrome caratterizzata da barcollamento, instabilità e atassia del treno posteriore.
Descritta per la prima volta nel cavallo nel 1939
Segnalata nel cane - negli USA - nel 1962

Con il termine di sindrome di Wobbler (Wobbler syndrome), si indica un complesso di manifestazioni derivanti da un fenomeno di compressione a carico del midollo spinale cervicale, riscontrabile nelle razze canine di grossa taglia. Tale compressione midollare può derivare da una malformazione delle strutture ossee o malarticolazione scheletrica (anomalia articolare) che circondano il midollo spinale (V°, VI°, VII° vertebra cervicale), da strutture normali, ma anormalmente allineate (instabilità vertebrale) e/o da entrambe queste situazioni, come anche può derivare da alterazioni patologiche dei legamenti. Le conseguenze sono disturbi della locomozione e turbe neurologiche. La gravità delle malformazioni o del cattivo allineamento determina il grado di compressione e dunque l’intensità dei sintomi. Oltre alle anomalie strutturali, l'estensione o la flessione del collo, possono provocare o alleviare la compressione del midollo cervicale. La malattia pur essendo tipica degli Alani e dei Doberman ovvero razze a "collo lungo" è stata descritta in numerose altre razze di grossa taglia e più di frequente nei soggetti maschi in rapporto maggioritario di casistiche rispetto alle femmine di 4:1. La sindrome di Wobbler è caratterizzata di solito da una paresi e da un'andatura barcollante ad insorgenza insidiosa, più spesso a carico del treno posteriore. Nei soggetti affetti, si può riscontrare una iperflessione od una iperestensione del collo, un'andatura rigida sugli arti anteriori ed un trascinamento delle unghie (stenosi dinamica).
I deficit neurologici conseguenti alla patologia possono comprendere una sintomatologia che può manifestarsi da una modesta atassia (ossia una mancanza di coordinazione dei movimenti), fino alla tetraparesi. La diagnosi della patologia può essere confermata dall'esame neurologico e/o mediante radiografie in bianco o con mezzo di contrasto (mielografia). La prognosi è strettamente correlata alla gravità dei deficit neurologici riscontrati, dal grado e dalla natura della compressione midollare. 

Dalla paresi alla paralisi
Mentre le lesioni della sindrome di Wobbler colpiscono esclusivamente le vertebre cervicali, i disturbi della locomozione si concentrano soprattutto sul treno posteriore. Il cane è “paretico” agli arti posteriori, cioè presenta un inizio di paralisi che gli permette di muoversi, ma vacillando. Mantiene il torso arcuato e il treno posteriore abbassato. La testa spesso è flessa, ma non si riscontra alcun dolore alla manipolazione. I muscoli delle spalle sono spesso atrofizzati. I sintomi possono aggravarsi rapidamente nel giro di qualche settimana, ma il più delle volte, l’evoluzione è lenta e si protrae per diversi mesi. Possono anche apparire improvvisamente in seguito a un trauma che vada ad aggravare l’instabilità cervicale o a ledere un disco intervertebrale, oppure in seguito a lesioni provocate da movimenti di iperflessione o di iperestensione. In alcuni casi, il quadro clinico si aggrava e il cane passa da un’andatura difficile e squilibrata ad una tetraplegia (paralisi dei quattro arti).

Un esame delicato
La presenza di una sindrome di Wobbler può essere confermata esclusivamente da un esame radiografico. I sintomi clinici, infatti, sono simili a quelli osservati in occasione di diverse altre malattie, come tumori cerebrali, mielopatia degenerativa, cimurro o alcune patologie vascolari. Le lastre devono essere effettuate sotto anestesia generale per garantire la totale immobilità dell’animale. Inoltre, alcune radiografie dovranno essere prese in iperflessione o iperestensione, difficilmente attuabili se il cane è sveglio. Le manipolazioni devono essere svolte con precauzione per non aggravare le lesioni. Questo esame non è ancora sufficiente per stabilire una diagnosi certa. Bisogna procedere ad un esame più invasivo e molto delicato: la mielografia. Il cane deve essere in narcosi profonda a quel punto si introduce un ago attraverso la pelle del collo, fino a raggiungere una zona precisa del midollo spinale. Il fluido cerebrospinale (FCS) sarà raccolto prima dell'iniezione dei mezzi di contrasto usati nel mielogramma. Il FCS sarà presentato al laboratorio specializzato per la prova protozoica di Mieloencefalite canina,  poiché lo stato clinico conosciuto come "il wobbler" comprende la compressione del midollo spinale così come altre casistiche che determinano l'atassia (dal greco, mancanza di coordinamento), perciò l'esame del FCS è essenziale. Altri esami interessano il MPC a diagnosticare una eventuale forma neurologica di rinopneumonite e di lesioni traumatiche. Si inietta quindi un liquido di contrasto visibile radiologicamente, che si distribuisce attorno al midollo spinale e permette di individuare il punto esatto della compressione. Lo sviluppo dei mezzi di contrasto a bassa-tossicità hanno diminuito gli effetti secondari connessi con questa tecnica. Questo esame non è tuttavia privo di rischi. Una cattiva manipolazione può provocare una paralisi definitiva. Al risveglio dall’anestesia, alle volte, si sono verificati anche casi di crisi convulsive. Questo esame va dunque effettuato esclusivamente quando si è già definitivamente presa la decisione di intervenire chirurgicamente.

Un intervento invasivo
Il trattamento medico mira a eliminare la compressione e a far regredire i sintomi neurologici ed ha il vantaggio di non essere invasivo. Si somministrano degli antinfiammatori in maniera intermittente o continua associati al riposo ed all’applicazione di una "Minerva" (apparecchio gessato che racchiude il capo, il collo e il torace), il cui scopo è quello di immobilizzare il collo e la parte caudale del torace utilizzando delle stecche o delle resine speciali. Ma la "Minerva" non è sempre ben sopportata dal cane. In rari casi, i risultati possono essere molto soddisfacenti. Questo procedimento tuttavia, non impedisce la compressione midollare ne l'azione degenerativa a carico della parte interessata. Il trattamento medico è riservato ai casi in cui esistono precise controindicazioni all’intervento chirurgico.
Il trattamento chirurgico è aggressivo e i risultati non sono costanti. Tuttavia, rimane la sola speranza di guarigione definitiva. Esso mira a decomprimere il midollo spinale e a stabilizzare le vertebre cervicali colpite. Le tecniche utilizzate sono numerose. Esse variano in funzione del tipo di lesione e dell’animale e può essere necessario usarne diverse contemporaneamente. In ogni caso, si tratta di tecniche delicate. Per questo motivo, l’intervento deve essere realizzato da un chirurgo specializzato. Il tipo di lesione determinerà la scelta di una precisa tecnica o seconda dei casi, di diverse contemporaneamente.
La decompressione del midollo spinale si attua intervenendo nella parte ventrale o dorsale del collo. La causa della compressione è individuabile nell'osso, nel legamento o nel disco intervertebrale. Il chirurgo alle volte per stabilizzare la parte cerebrale della colonna vertebrale appone delle viti graffando le ossa o ancora utilizzando dei chiodi.
L’insorgere di complicazioni durante l'intervento chirurgico può essere causato da emorragie o infezioni secondarie. L'intervento chirurgico avrà molte più probabilità di riuscita a patto che i sintomi non siano troppo avanzati e le lesioni del midollo troppo gravi o persino irreversibili.

Un difficoltoso decorso post-operatorio
Di qualunque tipo sia la tecnica utilizzata, il decorso post-operatorio è spesso molto impegnativo, sia per il proprietario, sia per l’animale. Anche se il cane riesce muoversi da solo dopo l’intervento, per un primo periodo, l’attività fisica deve essere ridotta, dopo di ché, per un periodo che va da qualche settimana a qualche mese, gli si potrà permettere un esercizio fisico controllato . Nel periodo di decorso post operatorio può risultare utile far adoperare una "Minerva". L’immobilizzazione è indispensabile per un determinato periodo, in funzione della tecnica chirurgica impiegata. Le prime sei settimane sono le più critiche. per un periodo di quattro mesi è bene non utilizzare il collare (meglio la pettorina) e gli esercizi violenti . Positivi per il recupero sono i massaggi, la meccanoterapia e il nuoto in acqua tiepida. Spesso i cani dopo l’intervento, si rifiutano di muoversi o non possono farlo poiché sono infermi. In questo caso, il decorso post-operatorio è problematico. E' bene sistemare il cane su dei materassi o delle superfici imbottite regolarmente pulite e ben asciutte, in modo da evitare l’escara (placca nera che si forma per necrosi dei tessuti). Il cane va anche girato regolarmente. Per attuare la rieducazione, il cane viene messo in posizione eretta con l’aiuto di una cinghia o di un “carrello” adeguato (realizzato su misura) a partire dal terzo giorno dall’intervento. I massaggi e i bagni controcorrente sono molto benefici in termini di recupero. Se dopo sei settimane di convalescenza non si osserva un certo recupero, a quel punto la prognosi è molto compromessa. I casi cronici a evoluzione progressiva, recuperano meno bene rispetto a quelli la cui evoluzione o aggravamento si siano prodotti in un breve periodo. I cani paretici hanno più possibilità di recupero rispetto ai paraplegici. Nei casi di compressioni multiple, gli esiti di un buon recupero sono alquanto improbabili.

- Razze canine interessate:

  1. Alani ( 6-12 mesi )

  2. Dobermann (in età più avanzata)

  3. Setter Inglesi

  4. Schnauzer giganti

  5. Rottweiler

  6. Bobtail

  7. Bassethound

  8. Fox Terrier

  9. Chow Chow

  10. Weimaraner

  11. Golden Retriver

  12. Montagna dei Pirenei

  13. Rhodesian Ridgebachs

  14. Cane da Pastore Tedesco

a cura di Dario Sgroi

Disturbi di locomozione nel cane

 

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