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Neuroplasticità

La nuova parola d'ordine della scienza del cervello è neuroplasticità

Un concetto in base al quale il cervello cambia continuamente in seguito alle esperienze, con nuovi collegamenti tra neuroni o con la creazioni di nuovi neuroni.

L'allenamento musicale ci offre un modello perfetto della neuroplasticità.
Gli studi eseguiti con la risonanza magnetica mostrano, ad esempio, che le zone del cervello grazie alle quali un violinista controlla i movimenti delle dita della mano che impugna lo strumento, aumentano di dimensioni.

Una cosa molto importante che abbiamo imparato dalla neuroscienza è che qualsiasi tipo di comportamento complesso, ad esempio un'emozione, non si basa su un'unica zona cerebrale, ma interagiscono zone diverse.

Emozione deriva dal latino ex-movere (muovere da, muovere via) l'idea di qualcosa che mette in movimento verso un'azione che può essere dannosa, neutra o positiva.
Una emozione è la percezione fisica e psicologica di una situazione e procede più in fretta dell'intelligenza e del linguaggio.

Un'emozione è involontaria
il fatto che si produca sfugge al nostro controllo, ma in compenso possiamo modularne l'intensità, scegliere di esprimerla oppure no.
Il buonumore rappresenta una specie di fondale, di paesaggio, di sfondo ai nostri stati mentali.
E' stato paragonato a delle lenti colorate; la visione delle cose non è modificata, ma è tutta l'atmosfera di quel che si vede che cambia.

L'umore positivo comporta una maggiore attenzione all'ambiente circostante (stato di focalizzazione esterna).

l'umore negativo provoca il contrario, una maggiore attenzione su se stessi (focalizzazione interna).

Emozioni negative o distruttive
Come si distinguono le emozioni distruttive da quelle costruttive?
In linea di massima è qualcosa che impedisce alla mente di riconoscere la realtà per quello che è.
In presenza di un'emozione ci sarà sempre uno iato tra apparenza ed essenza delle cose.

Un attaccamento eccessivo, ad esempio il desiderio, ci impedirà di riconoscere l'equilibrio tra il piacevole e lo spiacevole, spingendoci per un certo periodo a cogliere nell'oggetto un fascino assoluto e dunque incitandoci a volerlo.

L'avversione ci impedisce invece di vedere certe qualità positive dell'oggetto, rendendoci totalmente negativi nei suoi confronti e facendoci desiderare di ripudiarlo, di distruggerlo o di allontanarci da esso.

Tali stati emotivi compromettono la capacità di giudizio ed una corretta valutazione della natura delle cose.

Ecco perché diciamo che le emozioni negative oscurano: oscurano il modo di essere delle cose.

Le emozioni distruttive sono intese come qualcosa che reca danno a se stessi o a qualcun altro.
Non esistono il buono o il cattivo in termini assoluti.
Esiste soltanto il buono e il cattivo, il danno in termini di felicità e sofferenza, che i nostri pensieri e le nostre azioni provocano in noi o in altri.

Le emozioni distruttive e costruttive possono inoltre essere distinte a partire dalla motivazione che le anima: egocentrica o altruistica, benevola o malevola.

Bisogna dunque considerare sia la motivazione sia le conseguenze delle proprie emozioni.

Si possono anche distinguere le emozioni costruttive da quelle distruttive esaminando il modo in cui si rapportano come antidoti le une alle altre.

Consideriamo ad esempio l'odio e l'altruismo.
L'odio può essere definito come il desiderio di recare danno agli altri o di rovinare qualcosa che appartiene o è caro agli altri.
L'emozione opposta a questa è qualcosa che agisce direttamente come antidoto a quel desiderio di recare danno: l'amore altruistico.
Esso agisce direttamente come antidoto perché, sebbene sia possibile provare alternativamente amore e odio, non si può provare contemporaneamente questi due sentimenti nei confronti di una stessa persona o di uno stesso oggetto.

Di conseguenza, più si coltivano l'affetto, la compassione e l'altruismo, più essi pervadono la nostra mente, e più il loro opposto, il desiderio di recare danno, è costretto a diminuire e forse a scomparire.
Il desiderio di recare danno (odio) è un'emozione distruttiva.

L'odio è qualcosa riferito agli altri: è possibile odiare se stessi?

Quando qualcuno dice di odiare se stesso in realtà non è l'odio a risiedere alla base di quel sentimento.

Ci si può arrabbiare con se stessi, ma questa potrebbe essere una forma di orgoglio, un senso di frustrazione legato alla consapevolezza di non riuscire a soddisfare le proprie aspettative.

Ma in realtà odiarsi è impossibile.

Si può avere l'impressione di provare odio verso se stessi perché si vuole essere molto meglio di quello che si è.

Si può provare delusione nei propri confronti per il fatto di non essere quello che si vorrebbe essere, oppure essere impazienti poiché non si riesce a diventarlo abbastanza in fretta.

L'odio verso se stessi implica un grande attaccamento all'ego.

Sul versante opposto troviamo l'attaccamento che, a sua volta, presenta vari aspetti. L'attaccamento ha essenzialmente a che fare con un tipo di legame che fa vedere le cose come non sono.
Porta a pensare, ad esempio, che le cose siano permanenti, che l'amicizia, l'amore, gli esseri umani siano durevoli, sebbene sia chiaro che non è così.
Attaccamento significa aggrapparsi al proprio modo di vedere le cose.

La gelosia può essere intesa come l'incapacità di gioire per la felicità altrui. Non si prova mai gelosia per la sofferenza di qualcuno, ma per la sua felicità e per le sue doti.
Si tratta di un'emozione negativa.

Non soltanto con l'osservazione ma in termini di trasformazione interiore.
Il primo modo è quello di ricorrere agli antidoti. Esiste un antidoto specifico per ogni emozione (odio-amore). Si scoprirà che non possiedono una loro solidità. Non neutralizzare le emozioni, ma nel trasformarle utilizzandole come catalizzatori per liberarsi velocemente del loro influsso. (Prima di tutto riconoscerle, analizzarle).
E' come quando una persona caduta in mare trae sostegno proprio dall'acqua per raggiungere la riva a nuoto.

Alcuni psicologi hanno suggerito che le emozioni sono distruttive quando se ne fa esperienza in un contesto inappropriato o non-normativo. Quando ad esempio si prova paura in un contesto familiare, nel quale non c'è niente da aver paura, quell'emozione è distruttiva.

 

 

Tratto da appunti del corso di laurea T.A.C.R.E.C., Facoltà di Medicina Veterinaria di Pisa;
Prof.sa Grazia Guidi, Dipartimento di Clinica Veterinaria - anno accademico 2007/2008.


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