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Miasi

ditteri

Le miasi sono infestazioni di tessuti causate da larve di ditteri, sia nell'uomo che negli animali viventi.
Vennero descritte già nell'antichità (Papiro di Kahum, nel 1900 a.C., negli scritti biblici, in testi dell'Antica Grecia, ma anche nella Roma Imperiale), ma vennero meglio inquadrate nel 17° secolo da F. Redi e nel 18° con Linneo.

La diffusione è favorita da un clima caldo, umido, quando le mosche sono attive, quindi particolarmente in estate, nelle regioni a clima tropicale, subtropicale o temperato.

Gli agenti eziologici appartengono a famiglie dei ditteri, sottordine brachiceri. Hanno aspetto tipico muscoide, antenne tendenzialmente brevi (da cui il nome del sottordine, da brachys, breve, e kera, antenna), palpi mascellari di 1-2 articoli. Sarcophagidae, oestridae, calliphoridae, gastrophilidae, ... sono le più diffuse famiglie i cui generi e specie sono coinvolte nella genesi delle miasi:

  • Lucilia sericata;

  • Lucilia illustris;

  • Lucilia ampullacae;

  • Lucilia caesar;

  • Sarcophaga melanura;

  • Wohlfahrtia opaca;

  • Phormia regina;

  • Calliphora vicina;

  • Hemipyrellia fernandica;

  • Oestrus ovis.

Sono comunque molte le specie di mosche che possono deporre le proprie uova su animali vivi.

Le mosche sono in particolare attirate da animali feriti, debilitati con scarse difese, vecchi oppure cuccioli ed orfani, particolarmente suscettibili, anche senza ferite aperte.
Le larve a parassitismo obbligato o talora accidentale, si nutrono dei tessuti viventi o necrotici dell'animale, nelle forme esterne (cutanee, oculari, genitali, ...) o con i liquidi corporei nelle forme organiche interne (intestinali, urinarie, ...). 

Quando il cane è colpito da una malattia della pelle, che induce la produzione di secrezioni o comunque si tratta di un animale in uno stato di salute precario, le mosche sono attirate e depositano le loro uova; in particolare la deposizione avviene in prossimità degli occhi, delle orecchie, delle narici, dell'ano, della bocca, dei genitali e delle ferite. 
Inoltre, l'animale, può leccarsi le ferite ed ingerire o inalare le larve, trasformando la miasi ipodermosica in forme miasigene a localizzazione gastroenterica o polmonare. 

Nello stesso modo può infestarsi nutrendosi di resti organici di animali morti, a loro volta colpiti dalla miasi.

Le forme cutanee, che si possono avere anche a cute apparentemente indenne (alcune larve possono penetrare anche attraverso microlesioni, come il morso di zecca o iatrogene come il punto di inoculo di una iniezione), determinano un forte prurito, inducendo il riccio a grattarsi energicamente o a mordersi provocando ulteriori lesioni, che facilitano l'espandersi dell'infestazione; la ferita, umida, produce essudato purulento e putrido, con odore nauseabondo. 

La guarigione spontanea è eccezionale (le condizioni immunitarie degli animali con miasi e concomitanti patologie sono precarie); l'evoluzione comporta colliquazione dei tessuti, necrosi, con successiva letale tossico-setticemia.
Larve o uova di mosche possono essere ritrovate, quindi, anche in animali integri, senza ferite, in \ o vicino ad orifici naturali, in aree infette di pelle che a sua volta può essere macerata, facilitando l'ingresso degli infestanti, nelle pieghe della pelle (ascelle, inguini) o ancora nelle ferite sia superficiali che profonde, nelle ulcerazioni, ancora peggio se purulente per precedenti infezioni.

D'altra parte la miasi può a sua volta facilitare e condurre ad una infezione secondaria; può provocare danni diretti a tessuti sia superficiali che profondi, produrre sostanze che facilitano la necrosi tissutale e la suppurazione; un'infestazione severa e\o condizioni debilitate possono facilmente interessare i tessuti profondi, organi viscerali pieni e cavi ed essere fatale o, comunque, rendere inefficace una terapia, anche corretta, e richiedere un' eutanasia.

La miasi, nel cane, non è una patologia molto frequente.

TRATTAMENTO

• Le ferite vanno accuratamente pulite, rimuovendo materiale estraneo e tessuti necrotici.
Le larve visibili vanno fisicamente rimosse da ferite, occhi, orecchie ed altri orifici. Pinze anatomiche, spazzolini o tamponi per brushing citologico possono essere utili a tale scopo. Una rimozione accurata è importante, in particolare, per gli occhi, oltre a condizionare l'efficacia della terapia medica successiva. In orifici e cavità può essere altrettanto utile l'utilizzo di pipette con peretta di aspirazione.

• Se le condizioni dell'animale lo permettono, l'utilizzo di un asciugacapelli, usato con estrema cautela, asciugando la superficie della ferita, può facilitare la fuoriuscita di larve già canalizzate nel tessuto.

• Una pressione provocata da un "cotton fioc" a livello del canale lacrimale può essere usata per espellere uova di mosca dallo stesso.

• Una soluzione alcoolica al 30% oppure acqua ossigenata sgocciolata nelle orecchie "incoraggia" eventuali larve a strisciare fuori dai condotti stessi.

• Un pettine da lendini e pidocchi può essere usato per rimuovere uova o larve molto piccole, annidiate tra i peli.

• Le ferite vengono ricontrollate anche nei giorni successivi, per rimuovere eventuali larve sfuggite ai precedenti controlli (nel caso di ferite, possono essere presenti "tasche", non immediatamente visibili, in cui si nascondono piccole larve) o per rimuovere residui di larve, nel caso siano stati usati disinfettanti chimici, per evitare i prodotti di decomposizione delle stesse, che possono a loro volta indurre necrosi e facilitare la suppurazione).

• Dopo la rimozione meccanica di larve e uova, si procede a lavaggio e disinfezione delle ferite e delle lesioni, con una soluzione di Betadine Chirurgico.

• Antibiotici ad uso parenterale, vengono poi utilizzati per profilassi di infezioni batteriche secondarie o per trattamento delle stesse, se già in atto.

In altri paesi del nord Europa viene utilizzato l'Ivermectina diluita in acqua sterile 1:10, per via parenterale.
In centri di recupero di animali selvatici spagnoli viene usata una soluzione a base di "basilico", per il lavaggio di ferite (nell'antichità il basilico veniva usato come vermifugo).

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non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici.

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