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Echinococcosi

Esistono 4 specie appartenenti al genere Echinococcus:

Echinococcus granulosus: responsabile dell’idatidosi o echinococcosi cistica dell’uomo. E’ la specie di più frequente riscontro in Italia.

Echinococcus multilocularis: responsabile dell’idatidosi alveolare dell’uomo con cisti multiloculari che invadono il fegato. Presente in Nord America, Europa (Germania, Francia, Svizzera, Slovacchia) e Asia. In Italia osservato nelle zone alpine a Bolzano nella volpe.

Echinococcus vogeli e Echinococcus oligarthus: presenti in animali selvatici in centro e sud America e raramente responsabili di echinococcosi policistica nell’uomo.


Morfologia:

Adulto: vive nell’intestino tenue del cane e canidi selvatici (felidi). E’ lungo 5-7 mm ed è formato dallo scolice e 3-5 proglottidi di cui 1 immatura, 1 matura con pori genitali alterni ed 1 gravida. Lo scolice presenta un rostello armato da una doppia corona di uncini.

Larva o idatide: si sviluppa negli ospiti intermedi e contiene liquido idatideo sterile e limpido. Ha una crescita lenta (1mm-3 cm/anno) e può arrivare a misurare 5-10 fino a 50-60 cm di diametro contenendo in questo caso fino a 16-18 litri di liquido. Dopo 10-14 gg dall’infestazione misura 60-70 mm. Essa è formata da:
avventizia o pericistio: di tessuto fibrosclerotico e di pertinenza ospitale
Membrana cuticolare o lamellare: bianca, chitinosa (polisaccaridica) e multilamellare e permeabile a nutrienti, Ag parassitari, Ig ospitali e farmaci antielmintici.
Membrana proligena: sincizio di 20-25 µm di spessore da cui originano le vescicole proligene contenenti i protoscolici.
vescicole proligene o cisti nido: che tendono ad accumularsi nel fondo della cisti dando origine alla sabbia idatidea. Nella sabbia sono presenti anche protoscolici liberi. La formazione di queste strutture richiede un tempo piuttosto lungo.


Possibile la presenza di cisti figlie interne ed esterne e la rottura con la disseminazione in numerosi organi.
Possibile la presenza di cisti sterili.
Le cisti possono sopravvivere diversi anni e poi morire con degenerazione e calcificazione della parete oppure si possono rompere o ascessualizzare
Generalmente solo le cisti vive sono sintomatiche

Differenze genetiche, biochimiche, biologiche ed epidemiologiche

Cane/ovino: anche canidi selvatici (volpe e lupo) principale responsabile di idatidosi umana.
Cane/bovino, patogeno per l’Uomo
Cane/suino
Cane/equino
Cane/cervidi: anche canidi selvatici (volpe), patogeno per l’Uomo


Ciclo biologico:

Cane ingerisce protoscolici invaginati mangiando visceri di animali contenenti idatidi. Il protoscolice si evagina, si fissa all’intestino tenue e termina lo sviluppo ad adulto in 35-50 giorni. Le proglottidi gravide si liberano settimanalmente. Nell’ambiente esterno si liberano le uova che possono sopravvivere per oltre 2 anni.
Dopo essere stata ingerita dall’ospite intermedio, la larva esacanta contenuta nell’uovo in 30-120 minuti penetra nel villo e per via linfo-ematica può raggiungere tutte le parti del corpo, frequentemente però si blocca nel fegato e polmone.
Trasmissione: diretta cane –uomo o con ingestione di alimenti (verdure) o acqua contaminate dalle uova.


Epidemiologia:

In Italia nelle zone dedite alla pastorizia il 50-85% degli ovini risulta positivo ed il 90% degli allevamenti.
Grazie ad alcune campagne di eradicazione riduzione prevalenza nel cane in Sardegna da 45% a 8% negli ultimi 50 anni
Rischio casi umani nelle aree endemiche: da 8-15 a 40 casi ogni 100.000 abitanti. Rischio maggiore per operatori del settore (pastori e agricoltori e relative famiglie)
Casi Umani in Italia
Sardegna: 165 interventi chirurgici/anno (1969-1990)
Sicilia: 503 casi nel triennio 1989-1991 (3,2 casi/100.000 abitanti).


Patogenesi:

Adulto: azione sottrattiva ma poco patogeno per il cane e, nonostante infestioni massive con migliaia di adulti, scarsa sintomatologia.
Uomo e altri ospiti intermedi: il numero e la localizzazione delle cisti dipendono da dose infestante, capacità del parassita di superare barriere meccaniche, risposta infiammatoria (presente già dopo 16 ore e che può causare la degenerazione e la morte del parassita) e risposta immunitaria dell’ospite. Generalmente negli animali localizzazione fegato e polmoni e piccole dimensioni delle cisti per la breve vita produttiva, per cui assenza di sintomi e reperto di macellazione. Però riduzione delle normali funzioni degli organi interessati per compressione da parte delle cisti e riduzione performance produttive. Però se le cisti sono localizzate in altri organi (SNC, rene, Midollo osseo, pancreas) allora si possono osservare sintomi.

Anche nell’uomo le cisti si localizzano prevalentemente nel fegato (48-78% dei casi) e nei polmoni (8-35% dei casi) ed in minor percentuale in altri organi (milza, cervello, reni, cavità peritoneale, occhio, scheletro, cuore).
Generalmente le cisti sono singole (18-39% i casi di cisti multiple)
I danni sono causati principalmente dalla compressione esercitata dalla cisti e dai fenomeni tossico-allergici conseguenti alla liberazione di Ag parassitari (shock anafilattico per rottura cisti).


Sintomatologia:

La sintomatologia dipende dalla grandezza e dalla localizzazione delle cisti.
All’inizio assenza di sintomatologia che compare solo dopo che la cisti ha assunto delle dimensioni tali da determinare sintomi da compressione degli organi interessati.
Localizzazioni epatiche: Dolorabilità addominale, anoressia, febbricola, ittero, disturbi digestivi, senso di peso all’ipocondrio destro. Epatomegalia, distensione addominale e riscontro massa palpabile in addome. Le condizioni generali dell’individuo possono mantenersi buone a lungo.
Localizzazioni polmonari: precoce comparsa di sintomi perché l’accrescimento delle cisti è più rapido e precocemente essa incontra le ramificazioni bronchiali: febbricola, tosse, orticaria, possibile emottisi, dolori toracici. Possibile rottura cisti in un bronco con tosse ed emissione contenuto.


Nella localizzazione renale si possono avere coliche renali con eliminazione di liquido idatideo
Osteolisi e fratture spontanee nella localizzazione ossea
Localizzazione intraoculare con calo del visus
Segni nervosi da compressione nell’interessamento cerebrale
Se la cisti durante la crescita incontra un ostacolo e si fessura lasciando fuoriuscire piccole quantità di liquido allora si possono osservare sintomi di natura tossico-allergica con febbricola, prurito, orticaria, crisi asmatiformi, ipereosinofilia. In questi casi la cisti può complicarsi con infezione batterica.
Se la cisti si rompe allora si osservano shock anafilattico ed echinococcosi secondaria con sintomatologia grave, anche in base agli organi interessati, cachessia, infezioni intercorrenti e morte. 


Diagnosi:

Metodi diretti:
Prelievo ed esame microscopico del liquido ed altro materiale cistico (durante l’intervento chirurgico oppure durante il trattamento percutaneo).

Metodi indiretti
Diagnostica di immagine

Ecografia: massa rotonda o ovoide con una doppia membrana. Diagnosi differenziale da neoplasie, altri tipi di cisti. Si utilizza molto per monitorare l’evoluzione delle cisti durante e dopo il trattamento chemioterapico (collasso o scomparsa cisti, modificazione forma e dimensioni, l’aumento di densità e calcificazione). Esiste una tabella di classificazione standardizzata delle cisti proposta dall’OMS
TAC in alcuni casi superiore all’ecografia per identificare cisti piccole, di localizzarle con precisione
Radiografie in caso di cisti polmonari, ossee e muscolari e per identificare le cisti calcifiche
Ecocardiografia per le localizzazioni cardiache

Metodi indiretti
Diagnostica sierologica

Le indagini sierologiche associate alla diagnostica per immagini possono aiutare ad emettere diagnosi nei casi in cui le cisti non siano facilmente differenziabili da cisti non parassitarie, tumori ed altre patologie.
Problemi però di bassa sensibilità (15% falsi positivi) e per reattività crociata con altre parassitosi o altre patologie non parassitarie. Inoltre le cisti polmonari, renali e spleniche tendono ad essere associate ad un basso livello anticorpale. In caso di rottura delle cisti si assiste a livelli elevati di IgE.
In generale tutti i test in commercio utilizzano come Ag lipoproteine purificate del liquido cistico. Per la distinzione da E. multilocularis si utilizzano contemporaneamente anche Ag di quest’ultimo.
Generalmente si tende ad utilizzare almeno due diversi test per essere più sicuri della diagnosi. In genere si utilizzano ELISA e IHA per la ricerca di IgG.
A volte titoli elevati anche dopo morte o asportazione chirurgica delle cisti.
Sono state trovate correlazioni tra tipo di evoluzione della cisti e sottoclassi IgG; le IgG4 sono associate a cisti evolutive mentre IgG2 e IgG3 a cisti infiltrate o calcificate. 


Terapia:

Molti casi non richiedono l’intervento terapeutico 
Chirurgica:soprattutto per le cisti localizzate in zone soggette a traumi o in punti critici (vicino a vasi sanguigni o dotti biliari). E’ comunque associata ad alta mortalità (2%) e possibilità di recidive (2-25%). Esistono due tipi di intervento: radicale e conservativo. Il tipo radicale comporta rischi intraoperatori più gravi ma minori complicanze post-chirurgiche e consiste nell’asportazione della cisti con il tessuto circostante. Il tipo conservativo consiste nello svuotamento della cisti e nell’asportazione tramite suzione delle membrane parassitarie lasciando in loco l’avventizia. Si può o meno mettere il drenaggio. Spesso recidive, infezioni batteriche e fistole. L’uso dei benzimidazolici 4 gg prima fino a 3 mesi dopo l’intervento può essere associato al trattamento chirurgico e riduce la possibilità di recidive. Per cisti uniche e periferiche epatiche l’intervento si può fare in laparascopia; oggi possibilità di fare video-laparascopia con laser senza apertura della cisti. Quest’ultima tecnica consente di ridurre il dolore post-operatorio, la degenza ospedaliera, la convalescenza e determina migliori risultati estetici ma richiede l’intervento di chirurghi molto esperti.


Chemioterapia: benzimidazolici

Benzimidazolici: mebendazolo e albendazolo (attualmente il più utilizzato anche perché più efficace anche se non sempre è efficace) al dosaggio di 400 mg negli adulti con peso maggiore di 65 Kg, due volte al dì per cicli consecutivi di 90 gg: 15 mg/Kg in età pediatrica. Spesso si osservano aumento transaminasi, leucopenia, trombocitopenia e alopecia. Spesso si osservano anche reazioni allergiche (orticaria, febbre e shock anafilattico) probabilmente per fuoriuscita di liquido in seguito al danneggiamento della cisti dopo il trattamento.

La valutazione dell’efficacia può essere fatta solo dopo 12 mesi dal termine della terapia rilevando, con i metodi di diagnostica per immagine, una alterazione strutturale delle cisti. Sono più reattive le cisti giovani (probabilmente per avventizia più sottile e metabolismo più attivo). Come già detto spesso questi farmaci vengono associati all’intervento chirurgico per ammorbidire le cisti e per ridurre la pressione intracistica prima dell’intervento e per ridurre le recidive dopo l’intervento.
Il praziquantel (40 mg/Kg/die una volta la settimana) associato ai benzimidazolici aumenta la possibilità della terapia dell’echinococcosi secondaria. 


PAIR (trattamento percutaneo)
Drenaggio percutaneo cisti sotto guida ecografica, introduzione sostanza scolicida (alcool sterile o soluzione salina ipertonica) e sua riaspirazione). 
Possibile shock anafilattico, possibili recidive.


Profilassi:

- Distruzioni organi macello
- Cani (Dignosi con Echinotest)
- Educazione sanitaria
- Igiene personale e alimentare.

 

Tratto da alcuni appunti della facoltà di Medicina Veterinaria di Pisa

 

 

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