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Il Futuro è nel suo passato - di Virgilio Dal Buono

Il seguente articolo è il primo scritto per la nuova edizione della rivista MON AMI', bimestrale in edicola da aprile 2005 e del quale Virgilio è il collaboratore responsabile della sezione Mastino Napoletano.

IL FUTURO E' NEL SUO PASSATO di Virgilio Dal Buono

Ammalarsi di mastinite. Questo è il rischio che si corre quando si ha la fortuna di vivere da vicino questa meravigliosa razza italiana. E non è neanche necessario possederla, in quanto sono moltissimi i semplici cinofili che diventano veri e propri amatori quando scoprono prima peculiarità morfologiche così uniche e riconoscibili e, quindi, l'incredibile e quasi romanzesco background di storia, folklore, cultura profondamente legata a un territorio che ha accompagnato la conservazione, il riconoscimento e lo sviluppo della razza che è probabilmente il maggior vanto e patrimonio dell'intera cinofilia italiana. Ammalarsi di mastinite significa ammalarsi della diversità, dell'unicità dei tanti aspetti che caratterizzano questo molosso e il viverci insieme. Gli stessi aspetti che, d?altra parte, possono indurre a rifiutarlo poichè il Mastino Napoletano essendo così unico e particolare, generalmente si ama o si rifiuta del tutto, è impossibile che ti lasci indifferente. Ha un aspetto troppo diverso, cammina e trotta in un modo diverso, ti guarda in un modo diverso, abbaia in un modo diverso, odora in un modo diverso, dorme e russa in un modo diverso, ti protegge, si addestra e ti asseconda in un modo diverso, e così via? Paragonabile a nessuno, unico, indimenticabile quando lo hai davvero conosciuto. Non è un cane per tutti, ma per quelli che lo hanno scelto innamorandosi appunto delle sue diversità, lui è il "re" e qualsiasi altra razza quasi scompare, davvero. Provare per credere.

LE ORIGINI

Se attraversate il territorio che una volta si chiamava "Campania Felix", il cui cuore è rappresentato dall'antica Capua e che si estende dal Volturno al Sarno, da Mondragone a Nocera, e guardate il paesaggio delle sue piane verdeggianti, ammirate l'imponenza del Vesuvio che troneggia sopra ad esse, ne respirate l'aria, assaporate i sapori, ascoltate i coloriti dialetti, guardate gli occhi e le facce dei vecchi contadini, allora ecco, siete davvero dentro la culla dove il nostro si è conservato, praticamente immutato, per oltre 2000 anni di storia. Attraversando indenne guerre, dominazioni straniere, momenti di grande fulgore e terribili carestie, conservando e forgiando così, evento dopo evento, un patrimonio genetico sempre più forte, praticamente indistruttibile se capace di superare tutto e presentarsi ancora a noi nei tempi moderni. Ci piace partire da lì, perché se è vero che le origini di tutti le grandi razze molossoidi si possono riferire a periodi ben più remoti e dei quali si è detto e scritto già moltissimo (e ai quali rimandiamo i lettori più curiosi), per comprendere davvero la storia del MN non si può prescindere da un più preciso e circoscritto approfondimento, in termini sia temporali che, soprattutto, di territorio. Capua, il più importante centro d'armi e d'allevamento dell'impero. Era lì che si allevavano e addestravano uomini, cavalli e cani da guerra. Non è vero quindi che da Roma, dalla capitale dell'impero, i mastini scesero nel napoletano. E' invece vero il contrario, erano gia lì. Sì, proprio così: erano già Mastini Napoletani? Allevati e selezionati per una precisa funzione: la Guerra. Nei campi di battaglia, dove probabilmente erano utilizzati soggetti più resistenti e in grado di affrontare lunghe marce, nelle arene, dove invece si esibivano combattendo con fiere, tori e gladiatori i soggetti più grandi e poderosi. E da Capua, in tutto il territorio circostante, il molosso si diffonde assovendo anche altre funzioni, diventando impareggiabile guardiano delle proprietà dei patrizi, orgogliosi di poter esibire in casa i soggetti magari ammirati in arena e anche, più generalmente, diventando prezioso collaboratore e guardiano nella all'epoca fiorente agricoltura e pastorizia della Campania Felix.  E' in quel periodo che in qualche modo si fissavano le caratteristiche morfologiche peculiari, l'"epicentro genetico" della razza, sviluppatosi e definitosi per una funzione specifica: la guerra e la deterrenza degli indesiderati. L'apparenza generale estremamente erculea più che dionisiaca (a differenza di oggi dove, forse purtroppo, si apprezza più il contrario?), la potenza dell?apparato mandibolare progettato per la presa, il movimento e il tronco lungo e elastico che si ispiravano a quello delle stesse fiere che dovevano affrontare (al punto che alcune antiche leggende narrano addirittura che il pugnax romano derivi da cagne autoctone incrociate con il felino), la pelle spessa e più abbondante all'altezza del collo, dove era presente sicuramente anche del pelo più lungo, una sorta di criniera, a ulteriore protezione e per accentuare l'aspetto leonino. Era nato così il molosso italico, forte e pronto ad affrontare i secoli di storia per arrivare fino a noi, sicuramente modificato e influenzato dai tempi e dall'uomo che man mano lo allevava per funzioni e utilità che intanto cambiavano, restando però sempre unico e ben riconoscibile, a prescindere dai nomi che intanto l'uomo stesso gli affibbiava: dogo, mastino, corso, molosso, cane 'e presa e infine? mastino napoletano. 

LO SVILUPPO MODERNO DELLA RAZZA

Esiste una data, un luogo e un nome che segnano la prima presentazione pubblica della razza: 1946, Esposizione di Napoli, Piero Scanziani. Fu infatti in quella occasione che, per la prima volta, 8 molossi furono presentati a margine della mostra quali rappresentanti di una razza non ancora riconosciuta ufficialmente ma in realtà ben presente e radicata nel territorio napoletano e, più in generale, nel meridione d'Italia. Fu in quell'occasione che uno scrittore e cinofilo svizzero, Piero Scanziani, ebbe una folgorazione, riconoscendo soprattutto in un esemplare, l'antico molosso romano che da anni stava studiando, immaginando, cercando, mentre allevava con successo i già affermati bulldog e boxer. Scanziani non può quindi essere riconosciuto come lo "scopritore" della razza, in quanto questo merito semmai andrebbe al gruppo di appassionati partenopei che era riuscito a raccogliere e accompagnare in mostra questi primi soggetti, ma sicuramente dobbiamo a lui se il processo di riconoscimento e l'avvio di un allevamento in selezione finalmente partiva, con l'acquisto di Guaglione 1°, il famoso esemplare che aveva spalancato a lui un difficile ma finalmente possibile percorso di allevamento. Scanziani ci ha regalato scritti memorabili nelle quali racconta gli inizi di questa avventura, le emozioni vissute, le difficoltà superate, e non mancherà l'occasione nei numeri successive di questa rivista di pubblicare alcuni dei suoi racconti più significativi? I primi esemplari erano ovviamente assai rustici e diversi tra loro, disomogenei, derivanti da selezioni effettuate da utilizzatori pratici del cane per scopi diversi o più semplicemente figli di accoppiamenti casuali. Ma esisteva già un impronta, dei segni comuni che non erano sfuggiti agli occhi dei primi appassionati cinofili e quindi di Scanziani. Tra la gente, in quel territorio che era stato in grado di conservarlo, esisteva anche un nome dialettale per riconoscerli: erano "cani 'e presa" (cani da presa).

Da qui parte l'avventura del Mastino Napoletano, riconosciuto quindi dall'Enci nel 1948 (nb: Scanziani voleva chiamarlo Molosso Romano ma il nome è un giusto riconoscimento al popolo e al territorio nel quale questo cane è nato e si è conservato). Sulla scia di Scanziani, altri allevatori cominciavano ad appassionarsi e a lavorare sulla razza. Il più famoso dei quali resta il pratese Mario Querci che in quarant'anni d'allevamento con l?affisso "di Ponzano", dagli albori della razza fini ai primi anni '90, è riuscito a collezionare un palmares di vittorie e campioni che ha pochi eguali nel mondo della cinofilia italiana, contribuendo lui prima di tutti a rendere il MN sempre più conosciuto e apprezzato dal grande pubblico e imponendo, anche nel napoletano stesso, un modello di tipo sicuramente meno rustico (molti diranno purtroppo?) ma sempre più appariscente e spettacolare sul ring. Si introduceva e si sviluppava così, grazie soprattutto a lui, anche per questa razza il concetto di selezione per bellezza invece che per funzione e utilità, con tutti i benefici e problemi che un impostazione d'allevamento di questo tipo comporta per una razza che tra l'altro non è chiamata ad assolvere a prove di lavoro. La grande prova di responsabilità e la sfida per tutti gli allevatori è oggi così quella di non esagerare rincorrendo solo ed esclusivamente canoni di bellezza dettati dalla moda e da una domanda solo "estetica" (soprattutto estera) che chiede sempre più rughe, massa, taglia - spostando così sempre più pericolosamente dall'erculeo al dionisiaco il modello di tipo - e non dimenticarsi mai invece di una storia così ricca di utilizzazioni funzionali e pratiche del nostro mastino e della connotazione di grande rusticità e potenza funzionale che dovrebbe sempre restare caratteristica peculiare della razza. Un equlibrio difficile, ma non impossibile, sicuramente opportuno per non ripetere gli errori che purtroppo hanno seriamente danneggiato altre razze, quali ad esempio il bulldog inglese.Forse si può proprio dire che !il futuro del mastino è nel suo passato" e il lavoro dell'allevatore è in questo caso più da attento restauratore che da creatore-inventore di improbabili, per dirla alla napoletana, "muostri". 

IL MASTINO NAPOLETANO OGGI

La razza, dopo un periodo di grande fulgore a cavallo degli anni 80-90, vive ultimamente un periodo di sostanziale stagnazione, se non di decremento, in termini di iscrizioni E.N.C.I. Da diversi anni nascono meno di un migliaio di cuccioli all'anno. La spiegazione di questo fenomeno è legata a molteplici fattori: la moda, che ha visto il recente imporsi di nuove razze di grandi molossoidi dell'est, la congiuntura economica, che impone maggiore oculatezza anche nella scelta del tipo di cane da mantenere, la perdita della domanda di utilizzatori pratici del cane che fa sempre più fatica a scegliere un MN ormai percepito più come grosso cane da famiglia e compagnia. Ultima batosta, la famosa "circolare Sirchia", che ha inserito il nostro tra le "razze potenzialmente pericolose" soggette a restrizioni (vedi box dedicato a pg?) e altro ancora che è inutile approfondire. 

Pur ammettendo che il MN non è sicuramente un cane economico o per tutti, l?esperienza di vita con un MN rimane comunque unica e indimenticabile, sicuramente consigliabile a tutti coloro i quali ricercano in un cane doti quali una fedeltà assoluta senza pretendere un'obbedienza meccanica (i sitz e platz lasciamoli agli altri?) , un sviluppato senso della proprietà e del territorio da tutelare, una tranquillità generale comunque vigile, un grande amore e attenzione per i bambini, una sostanziale sopportazione e indifferenza verso altri animali di casa, una giusta diffidenza verso gli estranei non introdotti dal padrone. Il mastino si può cosi classificare come un cane da guardia e da difesa in termini soprattutto di deterrenza dovuta a un aspetto in grado di scoraggiare da solo i malintenzionati più che per azioni continue di sorveglianza mobile e di attacco a qualsiasi cosa appaia nel territorio affidatogli proprie di altre razze più nevrili.  Il MN nelle sue funzioni di guardiano ha generalmente un altro metodo: ti appare, scuro e maestoso, ti intimorisce, ti rimira (come scriveva Scanziani), fa sentire la sua voce e, solo se questo non fosse bastato a mantenere le dovute distanze o a richiamare il padrone, parte all?attacco con una potenza e una fulmineità inaspettata e davvero inarrestabile. Ma, da buon napoletano, ne deve valere davvero la pena di sprecare tutta questa energia e il carattere generalmente equilibrato lo mette in grado di ben valutare ogni situazione. Questo cane è poi irresistibile nelle sue espressioni di affetto e di attenzione e il padrone ben presto riesce a riconoscere lo stato d'animo nascosto nella varietà di modi del corrugarsi della fronte, nel guardarti e controllarti sollevando soltanto la pesante palpebra pur rimanendo magari sdraiato, e così via. Unico, diverso, come dicevamo. Ma pur sempre impegnativo. Una delle domande più frequenti è se possa vivere in appartamento. Se fosse per il carattere e la sua attitudine (quasi necessità) a sentire la vicinanza dell'uomo, problemi non ce ne sarebbero e qualcuno è certamente riuscito a conquistare le cucine e i divani di casa. Non è certamente un cane nevrile, particolarmente vivace e irruente nelle sue manifestazioni e, se fosse per lui, resterebbe placidamente sdraiato per gran parte della giornata. Il problema è per i padroni di casa che devono mettere in conto la gestione domestica di un animale che può arrivare a pesare 80kg e oltre, con una presenza ingombrante non solo in termini di un volume che mette costantemente in pericolo le suppelletili, ma anche in termini di tanti piccoli inconvenienti quali un pò di bava, un odore che tutti i mastinari ben cononoscono e arrivano ad amare ma che non è esattamente un essenza pregiata, una voce profonda e non certo discreta cosìccome il russare, etc. Alcune delle diversità delle quali parlavamo?Insomma consigliare un mastino napoletano a chi vive in un condominio non riteniamo sia esattamente una cosa saggia. Per chi possiede invece anche un minimo di sfogo all'aperto, sia esso un cortile, un giardino, un porticato, la scelta di un mastino napoletano come compagno e guardiano, rappresenta ancora una delle più complete e arricchenti esperienze cinofile da vivere. E, in questo caso, anche le porte della abitazione si possono aprire, perché comunque per il mastino la presenza e la vicinanza dell'uomo è fondamentale. Per la famiglia che lo accoglie, lo diventa ben presto.

 E per la mastinite, purtroppo o per fortuna, non esiste vaccino?

a cura di Virgilio Dal Buono

 

 

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